Nelle distese di boschi a cavallo tra i paesi di Brunate, Blevio e Torno sono disseminati numerosi massi erratici,cioè grosse pietre che i ghiacciai, in epoche lontanissime, hanno trasportato dalle montagne della Valtellina fino alle pianure.
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Così li definisce Antonio Stoppani nella pubblicazione ‘Valsassina e il territorio di Lecco’:
"Portatevi a Valmadrera e già sul dorso dei colli, sui fianchi dei monti, sui margini dei laghi, sui cigli dei precipizi pù paurosi, dappertutto, dico, vedrete o solitari, o in gruppi fantastici, o allineati in modo mostruoso, flangi, pezzi enormi di graniti, di porfidi, di serpentini, di rocce alpine di ogni genere, evidentemente divelti dai monti lontani, portati più giù a centinaia di miglia di distanza e posti a giacere così rudi e informi, ove possono meglio stupirci".
Per millenni i massi erratici hanno alimentato la fantasia popolare perché la teoria delle glaciazioni è stata messa a fuoco solo nel corso della seconda metà dell’800 e pertanto non si poteva dare spiegazione ragionevole all’enigma costituito da questi massi di incredibili dimensioni e peso la cui struttura rocciosa era di sicura provenienza alpina e non aveva niente a che vedere con le rocce e il suolo circostante. Come mai ad esempio un masso del tipico granito della Valmalenco si potesse trovare in una zona del lago di Como a circa 200 km di distanza !! Un enigma, un mistero fascinatorio che si legò all’idea della magia, dell’intervento divino o diabolico, terrifico o propiziatorio, ma comunque soprannaturale.
Innumerevoli sono le leggende fiorite intorno ai ‘trovanti’ che vedono protagonisti Dio, i santi, la Madonna o il perfido Lucifero; qualcuno in uno sforzo più razionalistico arrivò a ipotizzare una pioggia di meteoriti da spazi siderali, oppure un’esplosione delle Alpi che avrebbe ‘sparato’ come palle da cannone questi massi in giro per le Prealpi. Nel corso dei secoli i massi erratici furono dunque oggetto di culti di vario tipo; su alcuni si trovano incisioni a forma di coppelle emisferiche, cerchi o spirali e canaletti risalenti al periodo preistorico.
Oggi i massi erratici rimasti, considerati veri e propri monumenti dell’era glaciale, sono ‘protetti’ da una legge regionale, ma per millenni sono stati scalpellati, sfruttati, e riutilizzati come materiali da costruzione per farne are sacrificali, stele, cippi stradali, marciapiedi, architravi, stipiti di portoni, capitelli oppure strumenti di uso quotidiano come macine per cereali o legumi (la struttura di questa pietra si presta particolarmente bene a sbriciolare i vegetali). In epoca cristiana si smontarono blocchi di sarizzo di are o sarcofagi pagani per reimpiegarli nelle costruzioni cristiane. Certamente era molto più comodo lavorare queste rocce che si trovavano già per così dire a portata di mano che andare a prenderli dalle cave sulle Alpi e trasportarli via acqua (sul lago o lungo il fiume) fino a destinazione.
Nell’antichità i massi erratici erano utilizzati per ricavarne tombe, chiamate avelli. Alcune sono ancora visibili nei boschi.
gli avelli sono monumenti funerari scavati a forma di ‘vasca’ nell’interno di massi erratici di grandi dimensioni. Li troviamo soprattutto nell’area di Como, Canton Ticino, Brianza, Valtellina, Grigioni e non vi è riscontro di questi ritrovamenti in altre aree d’Italia e d’Europa. Si ha notizia di circa 34 massi avelli censiti. Le loro caratteristiche per lo più comuni sono:
* la forma regolare tipo di vasca da bagno (diremmo noi oggi)
* una sorta di cuscino o gradino su cui si posava la testa del defunto
* il bordo arrotondato per favorire l’appoggio del coperchio e evitare le infiltrazioni di acqua piovana
* canaletti laterali per lo scorrimento delle acque piovane
La datazione di questi monumenti è nebulosa perché nel corso dei secoli questi sepolcri furono spogliati di tutte le eventuali suppellettili custodite e i pochi ritrovamenti archeologici dei dintorni non forniscono alcun elemento interpretativo.